Firenze – MAF Museo archeologico nazionale di Firenze. Scoperto nei depositi il calco in gesso del %u201CGran Diamante%u201D del Granduca di Toscana detto %u201CIl Fiorentino%u201D
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Il calco in gesso di uno dei più preziosi e rari gioielli dei Medici, il “Gran Diamante” del Granduca di Toscana, noto anche come “Il Fiorentino”, oggi perduto, è stato di recente rinvenuto nei depositi del Museo e dal 28 gennaio al 22 febbraio 2022 sarà protagonista d’eccezione della mostra “Il Fiorentino. Il Gran Diamante di Toscana” allestita a Palazzo Medici Riccardi.
Il calco, facente parte del Monetiere del Museo archeologico, dove nel 1895 confluirono la collezione numismatica e quella glittica provenienti dalle Gallerie degli Uffizi, è conservato in una piccola scatola in pelle da gioielliere. Verosimilmente in gesso patinato, il calco del diamante è accompagnato da note manoscritte, una delle quali, sul coperchio del contenitore, identifica l’oggetto come impronta del Gran Diamante di Toscana, mentre la seconda, in un biglietto a parte, riporta il peso in carati, il valore in lire e la descrizione del colore della pietra.
“Il Fiorentino”, diamante di dimensioni eccezionali e di color giallo citrino era, nel XVII secolo, la seconda gemma al mondo, dopo quella appartenente all’imperatore Moghul. Acquistato nel 1601 da Ferdinando I de’ Medici, fu lavorato per un lungo periodo dal tagliatore Pompeo Studendoli, artigiano veneziano residente a Firenze. Il risultato fu uno splendido gioiello a forma di mandorla, con taglio a doppia rosa di nove lati e 127 faccette, che venne poi inserito entro una montatura a pendente altrettanto sfarzosa. Un manufatto prezioso, icona di lusso e di potere, che rimase nelle mani dei Medici fino al passaggio della Toscana ai Lorena, quando venne portato a Vienna, per poi svanire nel nulla durante la Prima Guerra Mondiale.
I documenti in mostra consentono di ripercorrere le vicende di questo straordinario gioiello, a partire dalle prime lettere in cui il diamante fu proposto al Granduca Francesco I nel giugno 1579 – “la più bella cosa che venisse d’Asia giamai”, si legge, passando per l’inventario stilato nel 1621 alla morte di Cosimo II, acquirente della pietra e committente della sua lavorazione, fino all’Inventario delle Gioie dello Stato di Toscana che Anna Maria Luisa de’ Medici, Elettrice Palatina, fece compilare nel 1741, tutti quanti custoditi presso l’Archivio di Stato di Firenze. A questi si affiancano opere grafiche che denotano l’interesse e la meraviglia suscitate dal “Gran Diamante di Toscana”: fra queste un’incisione del XVII secolo custodita presso la Biblioteca Marucelliana; il libro Le six voyages de Jean Baptiste Tavernier (1676), in cui l’esploratore francese pubblicò un resoconto dei sei lunghi viaggi esotici compiuti nel corso della sua vita e dove non mancò di ricordare e riprodurre i più grandi e bei diamanti da lui visti in Europa e in Asia: al secondo posto, dopo il diamante del Gran Mogol, compare appunto il “diamant du Grand Duc de Toscane”, qui indicato di 139 carati e di color citrino, in prestito dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; la tavola a stampa presente nei “Sunti del Tarpato” (1740), opera di Andrea da Verrazzano e unica raffigurazione attualmente nota del diamante in forma sia grezza sia sfaccettata – quindi desunta da un disegno di inizio Seicento, prima che la pietra venisse montata – custodita presso l’Accademia di scienze e lettere la Colombaria.
Il ritratto di Maria Maddalena d’Austria, dipinto probabilmente da Domenico e Valore Casini e di proprietà delle Gallerie fiorentine, riprodotto eccezionalmente in mostra, offre l’occasione di ammirare l’elegantissima ghirlanda posta sul capo dell’Archiduchessa, ornata dal diamante nella sua altrettanto preziosa montatura, che negli inventari sarà descritta come“un sottile serpente tutto tempestato di piccoli Diamanti, il quale colle sue branche sostiene per aria il detto Diamante”. La mostra espone inoltre il ritratto di Cosimo II Medici, suo consorte, dipinto dagli stessi Domenico e Valore Casini a figura intera, in veste di damasco dorato e manto d’ermellino, scettro e corona granducale (inv. 3197-1890), da poco restaurato.
La mostra propone anche altre testimonianze documentarie del gioiello, tra disegni, inventari medicei e documenti d’archivio vari, per ricostruire la storia e le vicende, ma anche l’aspetto e le caratteristiche di una delle pietre più celebri al mondo, di cui si sono perse le tracce all’inizio del XX secolo. La mostra propone inoltre una straordinaria riproduzione del gioiello mediceo, realizzata in zirconia cubica dalla bottega artigiana orafa di Paolo Penko. Grazie ad una scrupolosa ricerca iconografica e sulle tecniche antiche, Penko ha ricreato, per la prima volta al mondo, la preziosa montatura serpentinata con cui Maria Maddalena d’Austria era solita sfoggiare il diamante. Il serpente è stato realizzato con la tecnica della fusione in osso di seppia, perfettamente modellato per accogliere la riproduzione del Fiorentino in zirconia cubica. La montatura è stata impreziosita con lo stesso numero di diamanti dell’originale, ben 182 pietre taglio antico a rosetta, incastonati con piccoli frammenti di foglia argentata.
Firenze – Museo archeologico nazionale