Firenze – Museo Novecento e Museo di San Marco. Mostra – Giulio Paolini “Quando è il presente?”. In collaborazione con la Direzione regionale musei della Toscana
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Ancora una volta la Direzione Regionale Musei della Toscana ha accolto l’invito del Museo Novecento a creare un legame diretto tra le opere di artisti contemporanei e le collezioni dei musei fiorentini, per sottolineare affinità, ispirazioni, collegamenti, derivazioni tra antico e moderno. Dopo la prima importante esperienza degli interventi site specific di Wolfgang Laib nel Museo di San Marco, e mentre alcune sculture di Leoncillo sono a diretto contatto con opere etrusche nel Museo Archeologico di Firenze, Giulio Paolini (Genova 1940), uno dei maestri indiscussi dell’arte contemporanea italiana, è il protagonista di un progetto espositivo inedito “Quando è il presente?” che riunisce opere della sua produzione più recente e si articola tra il Museo Novecento Firenze e il Museo di San Marco.
Da sempre ritenuto dallo stesso artista il suo museo ideale, la cella 1 del dormitorio dei chierici di San Marco accoglie il lavoro di Giulio Paolini Noli me tangere (2022) ispirato dall’omonimo affresco di Beato Angelico. Quest’opera ci pone di fronte al vuoto che scaturisce dalla ricerca di un contatto costantemente mancato, dando vita ad un confronto con la luminosa e leggera perfezione della pittura del frate domenicano, ricercato da Paolini sin dagli inizi della sua carriera.
Il titolo della mostra, a cura di Bettina Della Casa e Sergio Risaliti , tratto da una lettera scritta nel 1922 da Rainer Maria Rilke a Lou Andreas Salomè, costituisce lo spunto da cui Giulio Paolini traccia una propria meditazione sul tempo e sulla nostra impossibilità di afferrarlo, combinando gli interrogativi sul ruolo dell’arte e la figura dell’artista con quelli sull’esistenza e il suo fluire. I lavori presenti in mostra, al centro di un percorso ideato dallo stesso artista, dialogano con l’architettura rinascimentale delle sale al piano terra del Museo Novecento, invitandoci a compiere un viaggio all’interno delle sue ultime riflessioni sul significato della creazione artistica e sulle sue molteplici implicazioni.
Con la peculiare raffinatezza che caratterizza da sempre la sua opera, Paolini ci introduce in una dimensione ‘altra’, toccando corde fra le più nascoste e vibranti dell’animo umano. Come in un incessante gioco di specchi, l’osservatore – con il proprio bagaglio di aspirazioni, timori, passioni – è chiamato direttamente in causa dal dispiegarsi di disegni, collage, installazioni, che ridefiniscono lo spazio e il nostro ‘incedere’ al suo interno.
«L’arte accade», è solito ricordare Paolini, citando Whistler nelle parole di Jorge Luis Borges. La meraviglia dell’arte, il suo incondizionato manifestarsi, accomunano idealmente l’artista e l’osservatore, chiamati a partecipare ad un’incessante ricerca di senso, in un gioco di rimandi spesso venato di ironia. Le opere non veicolano riflessioni sulla cronaca e la mondanità, sulla nostra società tormentata, sui fatti e misfatti della globalizzazione: in esse si manifesta l’incontro stupito dell’artista con l’arte stessa, un processo che si colloca nel nostro tempo ma che è, inevitabilmente, al di fuori di esso, superando ogni contingenza, in quanto appartenente ad una dimensione metafisica.
«L’arte – suggerisce Paolini – è imitazione di un modello non dato. L’arte è l’imitazione dell’arte e non dice, perché non sa, a che cosa vuol aderire, quale sia appunto il modello da scoprire». L’opera conserva quindi «la materia intatta e ancora segreta del suo divenire», rendendo vano qualsiasi tentativo di interpretarla e di ricondurla ad un modello.
Nelle opere esposte nelle due sedi ritroviamo le indagini sul ruolo dell’artista e sugli strumenti del fare arte che hanno caratterizzato gran parte della produzione di Paolini. La riflessione, tuttavia, sembra oggi guidata da una più profonda meditazione sull’esaurirsi della vita, in un racconto che si svolge sulle note leggere di una malinconica melodia. Come suggerito dal titolo stesso, Quando è il presente?, la mostra ci appare come un invito a sondare la nostra incapacità di cogliere la vita nella sua essenza, potendola afferrare solo nel suo divenire. In questo percorso, necessariamente individuale pur nella sua universalità, Paolini ci fa immergere in uno spazio costellato di richiami al crepuscolo della vita, agli interrogativi che accompagnano l’inarrestabile scorrere dei giorni, alle relazioni (con noi stessi, con gli altri, con ciò che ci ha preceduto e che deve ancora accadere) che segnano il nostro passaggio su questa terra: un passaggio scandito da istanti infiniti, in cui si annida, nonostante tutto, l’eternità.
Info: https://www.museonovecento.it/mostre/giulio-paolini-quando-e-il-presente/
Museo di San Marco
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